Dialogo di Ercole e
Atlante: L'argomento è quello della scomparsa del genere umano. La critica
feroce all'antropocentrismo passa attraverso il linguaggio dell'abbassamento
comico e della degradazione : Atlante tiene la terra sulla schiena come
una "pallottola"
e si meraviglia che essa si sia fatta così " leggera"; Ercole
la paragona a una " pagnotta" e, per la scomparsa di
ogni rumore al suo interno, " a un oriuolo ( = orologio)che
abbia rotto la molla". Credendo che gli uomini siano profondamente
addormentati, Ercole suggerisce di scuotere un po' " questa sferuzza"
giocando con essa a palla. La presa è peraltro difficile perchè la terra
risulta troppo "leggera" ( e d'altronde, "questa è sua
pecca vecchia, di andare a caccia del vento") e al tempo stesso non rimbalza " più che
un popone". Tutto è inutile:non si manifesta più alcun segno di
vita."
Armi del comico, qui come nel simile Dialogo
di un folletto e di uno gnomo, sono il cozzare della materia
tragico-apocalittica con la leggerezza della rappresentazione e il riso
demistificatore che , attraverso la lingua abbassa a un piano familiare, ciò
che generalmente si ritiene dignitoso e serio.
Dialogo di Federico
Ruysc e delle sue mummie
Il tema del piacere negato alla esistenza
umana e del dolore come condizione universale viene qui svolto nella
prospettiva straniante del coro dei morti che, al compiersi del grande anno
cosmico, si destano per un quarto d’ora dal loro sonno per parlare con i vivi.
L’idea centrale, espressa dalla nenia con cui
inizia l’operetta, è che la morte sia di gran lunga preferibile alla vita
perché in essa, spento il sentire, non vi è più patimento. Guardata dai ciechi
occhi dei morti, la vita si rivela “ cosa arcana e stupenda” – nel senso
etimologico di “che desta stupore”-, esattamente come appare la morte agli
occhi dei vivi. Ma la parola di verità definitiva spetta questa volta ai morti
che, avendo già sperimentato entrambe le
condizioni, non vorrebbero tornare a vivere, perché, sebbene nemmeno nella
morte vi sia felicità ( “ però ch’esser beato/ nega ai mortali e nega a’morti
il fato”) vi è però almeno quiete ( “lieta no ma sicura/ dell’antico dolor”).
E come appaiono misere e banali le curiosità e
le affermazioni di Federico di fronte alla solenne esposizione dei morti, che
in questa notte improvvisamente metafisica fanno affacciare i vivi sulla soglia
del mistero più temuto.
Il rovesciamento dei valori in cui si cambiano
di segno il positivo e il negativo si trasferisce anche nelle forme espressive,
con il passaggio repentino dal sublime lirismo del coro che fa da preambolo
all’operetta al registro quasi comico-burlesco dello studioso, destato dal suo
sonno notturno da chi si è svegliato dal sonno eterno.
Nessun commento:
Posta un commento