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mercoledì 19 settembre 2012

PER I RAGAZZI DI 2^
            

 Chiare fresche dolci acque
 ove le belle membra
 pose colei che sola a me par donna


Come potevo resistere?
Guardate le " chiare, fresche, dolci acque" della canzone di Petrarca. Si tratta della Sorga, un torrente dalle acque limpide e verdissime che scorre a Valchiusa, il " locus amoenus" tanto amato da Petrarca e a cui si riferiscono molte sue poesie. Non è meraviglioso?  Nella famosa canzone Petrarca ricorda un giorno in cui vide Laura, giovane e  bellissima immergersi nelle acque di quel torrente.  Bisogna andare nei luoghi che hanno ispirato certe poesie per goderne pienamente l'incanto





 


 Per i ragazzi di terza

Parliamo di Romanticismo


In tutte le teorie mimetiche dell’Arte- quelle cioè secondo cui l’arte riflette la natura-, il primato nel rapporto fra soggetto e oggetto è dato all’oggetto: l’artista guarda fuori di sé più che dentro di sé.
L’Arte può rappresentare il reale come è o, più spesso,selezionare e abbellire cercando così la natura ideale dietro quella reale. L’Arte dunque per lo più abbellisce e migliora.
Tenendo lo specchio dell’Arte di fronte alla Natura, essa può riflettersi non tanto in ciò che la grossolana realtà manifesta ma nelle sue forme più perfette che stanno dietro o dentro il reale.

Nel 1800, nella Prefazione  alle Lyrical BAllads,  Wordsworth inverte radicalmente questo atteggiamento. Affermando che “ la poesia è lo spontaneo traboccare di forti sentimenti”, egli formula una teoria secondo cui è ora l’artista stesso l’elemento primo, generatore del prodotto artistico. In termini generali, l’atteggiamento fondamentale di questa “ teoria espressiva” si può riassumere nel seguente modo: la fonte e la materia prima di una composizione poetica sono dunque gli attributi e i moti dell’animo del poeta stesso. La materia di una poesia viene dal di dentro e consiste dichiaratamente non di oggetti e nemmeno di azioni, ma del flusso sentimentale del poeta stesso. Gli oggetti- scrive Wordsworth- derivano il loro valore non da ciò che realmente essi sono in sé, ma da quanto viene ad essi attribuito dal soggetto. Non si tratta più dunque di rappresentare gli oggetti cogliendone il valore universale ma di esprimere l’emozione . L’attenzione si sposta dunque dall’oggetto sul soggetto poetante.
Si compie un vero mutamento epistemologico per quanto riguarda il rapporto fra la mente e i sensi. LA mente non è più considerata una “ tabula rasa” su cui si imprimono le immagini prodotte dai sensi; essa partecipa attivamente al processo percettivo e nel fare ciò modifica e trasforma la realtà.
Già un poeta del tardo Settecento, a cui si rifà espressamente Wordsworth, aveva scritto
 I nostri sensi, come la nostra ragione, sono divini
E creano in parte il mirabile mondo che vedono.
non fosse per il possente incanto di questi magici organi
la terra sarebbe ancora un caos opaco e selvaggio.
Gli oggetti non sono che occasioni; nostro è il vanto…
E’ l’uomo a creare l’immagine unica, è lui che l’ammira.

La Natura infinitamente creatrice, suscitatrice di bellezza non solo estetica ma anche morale,  è la principale fonte di ispirazione di Wordsworth.

Leggiamo questi versi tratti da Il preludio:
Dalla natura viene l’emozione, e i momenti
Di calma sono ugualmente doni della natura:
questa è la sua gloria; questi due attributi
sono le fonti gemelle che fanno la sua forza:
quest’influenza duplice è il sole e la pioggia
di tutte le sue offerte, egualmente benigne
nell’origine come nel fine. Perciò avviene
che il genio, vivo nell’alternanza
di pace e di eccitamento, trova in lei
la migliore e più pura amica: da lei riceve
l’energia con la quale cerca il vero,
si desta, aspira, prende, lotta vuole;
da lei felice quiete della mente
per cui l’accoglie quando non l’attende.

Tali benefici possono ottenere le anime
Più umili, ognuna a suo modo; sta a me
Dire di ciò che io stesso ho capito e sentito:
compito ameno, chè le parole scorrono, ispirate
da gratitudine e fiducia nel vero.
[…]
La natura soprattutto mi ridiede
-ristabilì nell’anima
Più profondamente – quel più saggio spirito
Che, vedendo poco di degno o sublime
In quel che celebriamo con i nomi altisonanti
Di potere e azione, mi apprese dai primi anni
A guardare con sentimenti di amore fraterno
Le cose umili che occupano
Un posto silenzioso in questo mondo bello.


L’estetica tardo-settecentesca del Sublime poneva nella potenza dell’emozione e della passione una delle qualità del sublime. Un’altra idea molto diffusa nello stesso periodo era quella che portava a ricercare l’essenza della vera poesia nella immediatezza e spontaneità del sentire dei popoli  primitivi. Per questa via si venne a definire quell’idea di “genio” inteso come ciò che è spontaneo e originario, espressione autentica della vita di un individuo o di un popolo.
Una idea comune nella filosofia ed estetica romantica, soprattutto tedesca, fu che linguaggio e poesia si originassero insieme sotto la pressione del sentimento.
L’arte a cui si volle assimilare la poesia fu la musica ( ut musica poesis), essendo la musica la meno mimetica delle arti ( cfr. nell’estetica classicista del ‘500 e ‘600 l’ideale dell’ut pictura poesis). Ecco allora nella poesia romantica la ricerca di accordi sonori, di musicalità, l’evocatività delle immagini che si fanno simboli , le nuove parole di ciò che è razionalmente inesprimibile.